Storia di Villa Giulia fino al 1555

La storia di Villa Giulia inizia quando un arcivescovo di Santa Romana Chiesa, Antonio Ciocchi di Monte di San Savino vicino ad Arezzo, chiama a Roma il nipote prediletto Giovanni Maria, ne cura l’istruzione e lo avvia alla carriera ecclesiastica, offrendogli protezione e opportunità. Antonio nel 1513 è nominato cardinale da papa Giulio II Della Rovere e lascia al nipote, come se fosse un feudo ereditario, la cattedra arcivescovile di Siponto (Manfredonia), luogo dove il neo-arcivescovo non si recherà mai.

Nel 1519 il cardinale Antonio acquista un terreno con un modesto casale su un viottolo non distante da via Flaminia. La strada consolare è in questo tratto perfettamente funzionante e corre nella campagna da Ponte Milvio a Porta del Popolo tra grandi e piccoli sepolcri romani che vigilano silenziosi da più di un millennio.

Il terreno è in una valle stretta che presenta versanti scoscesi e grotte naturali, così vicina a Roma da poter tornare rapidamente nella Curia in caso di bisogno e nello stesso tempo così lontana da garantire un poco di pace. Il cardinale zio decide di costruire qui la sua residenza estiva nella proprietà che poi sarà chiamata Vigna Vecchia e su cui verrà costruito il casino nobile di Villa Giulia.

Giovan Maria nel 1533 eredita dallo zio sia la vigna che la passione per questa valletta e negli anni, insieme al fratello Balduino, impiega risorse e tempo libero per ampliare la proprietà e progettare una residenza principesca. La vigna originaria è ingrandita con l’acquisto di proprietà adiacenti: una vigna sul monte San Valentino, venduta da Giorgio Cesarini nel 1526, una vigna già Orsini, una vigna lungo la Flaminia che era stata di Sante Vitelleschi, quella di un rigattiere nella quale erano depositate molte sculture (tra cui i documenti citano le statue di un re prigioniero e di una Diana vestita) e molti altri terreni.

L’idea dei fratelli è quella di utilizzare l’area sia per lo sfruttamento agricolo che per realizzare un luogo di svago. Siamo infatti nel cosiddetto Suburbio, cioè la fascia di territorio fuori le mura che assicura alla città buona parte delle risorse alimentari.

Nel 1527, al termine del sacco di Roma, Giovan Maria è dato in ostaggio da papa Clemente VII Medici (1478-1534) ai lanzichenecchi, a garanzia di una grossa somma di denaro. Il pericolo è grande perché il papa non ha alcuna intenzione di pagare ma lui riesce a fuggire e la sua carriera continua.  Papa Paolo III Farnese lo designa per il Concilio di Trento, più per la sua preparazione giuridica e la lealtà nei confronti del papato che per la sua preparazione teologica.  Il Concilio è dominato dallo scontro tra l’Imperatore e la Francia, tra Carlo V ed Enrico II, ma Giovan Maria riesce sempre a difendere le tesi papali, barcamenandosi tra i due schieramenti.

Anche nel conclave nel 1550, alla morte del papa, si formano due fazioni poco disposte al dialogo, i cardinale filo francesi e quelli filo imperiali.  Dopo una serie di candidature fallite e una serie di episodi al di fuori ogni norma (si banchettava e non era rispettata la clausura, per esempio), approfittando di un’assenza dei prelati spagnoli, gli altri trovarono un accordo sul suo nome e lo elessero nella notte, costringendo i cardinali iberici ad accettare il fatto compiuto.  La scelta del nome Giulio, da parte di Giovan Maria è un atto di riconoscenza a papa Giulio II Della Rovere, protettore del cardinale zio Antonio Del Monte ma anche, bisbiglia qualcuno, una dichiarazione di enormi ambizioni.

Ormai diventato papa, Giulio III Giovan Maria può finalmente realizzare i suoi sogni: dopo pochi giorni della sua elezione al Soglio Pontificio, i progetti sono completati e inizia la costruzione della villa sognata da anni.

Villa Giulia può dirsi completata tre anni dopo, anche se i lavori continuano e saranno interrotti solo dalla morte del papa. Diversi visitatori di allora non esitano a definirla “l’ottava meraviglia del mondo”.

Il papa, inoltre,  acquista altri terreni intorno alla sua proprietà iniziale. Uno degli ultimi acquisti fu Villa Poggi, la villa sul Monte San Valentino del cardinale Giovanni Poggi, bolognese e tesoriere di Giulio III, ricca di una raccolta di opere d’arte che andarono ad arricchire il corredo di Villa Giulia.  L’obiettivo dei grandi mecenati di allora, infatti, era quello di creare un meraviglioso contenitore in cui esibire, per il diletto proprio e dei pochi ospiti, opere d’arte.

Papa Giulio III regna fino al 1555, cinque anni veramente travagliati per l’Europa, in cui si svolgono contemporaneamente decine di conflitti e in cui lui cerca sempre di tenersi su una linea di equidistanza tra Francia e Impero, difendendo sempre gli interessi della Chiesa di Roma (Cinquecento. Il contesto). Ma sulla sua credibilità grava la nomina a cardinale di Innocenzo Del Monte, il suo favorito, privo della benché minima vocazione religiosa (Giulio III. Lo scandalo), e le pesanti tasse che è costretto a imporre per finanziare il suo mecenatismo (Giulio III. I progetti).

Alla sua morte, il papa lascia tutte le sue proprietà, tra cui il complesso di Villa Giulia, al fratello Balduino che a sua volta muore dopo pochi anni e lascia tutto al figlio Fabiano. Ma l’aria è cambiata per i Del Monte: papa Paolo IV Carafa impugna il testamento, in quanto molte delle proprietà Del Monte erano state acquistate con il denaro della Camera Apostolica. Il suo successore papa Pio IV dei Medici di Milano trova un accordo con Fabiano Del Monte a cui lascia la Vigna di Porto e una sostanzioso vitalizio mentre avoca a se le “vineae tam celebres et omnibus notae” di Giulio III.  Il casino nobile della villa entra tra le proprietà della Camera Apostolica.

La storia continua con: Villa Giulia. La decadenza,

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