Con questa pagina termina la Storia di Villa Ada Savoia. In questo arco temporale avviene la transizione della Villa Savoia, oggi denominata Villa Ada, da residenza reale e parco pubblico aperto alla cittadinanza romana. Un passaggio estremamente lungo e “combattuto” le cui tracce son ancora davanti a noi che passeggiamo nella villa.
Il 27 dicembre 1947 è promulgata la Costituzione Italiana che dalla Disposizione XIII delle Norme transitorie recita: “I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli.” Entrerà in vigore pochi giorni dopo, il 1° gennaio del 1948 ma questa disposizione fallisce clamorosamente i suoi obiettivi: Vittorio Emanuele III muore il giorno dopo in esilio in Alessandria d’Egitto senza aver disposto testamento e quando la Costituzione entra in vigore non può che riferirsi ai beni di Umberto II di Savoia.
Anche per la famiglia reale, con la Costituzione Italiana non ancora entrata in vigore, sono valide le normali regole di successione e i beni mobiliari e immobiliari del patrimonio Savoia, inclusa la villa, vanno divisi tra i cinque figli:
- Jolanda di Savoia (Roma 1901-1986), sposata al conte Giorgio Carlo Calvi di Bergolo (Matrimonio della principessa Iolanda)
- Mafalda di Savoia (Roma 1902 – Buchelwald 1944), sposata con il principe Filippo di Assia
- Umberto di Savoia (Racconigi 1904-Ginevra 1983), sposato con Maria Josè del Belgio,
- Giovanna di Savoia (Roma 1907-Estoril 2000), sposata con Boris III re di Bulgaria,
- Maria di Savoia (Roma 1914-Mandelieu 2001), sposata con il principe Luigi di Borbone Parma
Grazie a questa disposizione, “i beni esistenti in Italia di proprietà degli ex Sovrani, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi” sono un quinto del patrimonio di Vittorio Emanuele III, cioè quello spettante a Umberto II, e solo questa parte può essere requisita dallo Stato italiano, mentre il resto, rimane legittimamente in mano alle quattro principesse e alle loro famiglie.
In questa fase inoltre, quale sia questo quinto del patrimonio da avocare non è noto a nessuno in quanto doveva ancora avvenire la divisione dei beni tra gli eredi leggibili. E le famiglie delle principesse sognano subito enormi speculazioni edilizie sul terreno della Villa. Fortunatamente, nel Piano Regolatore del 1909 Villa Savoia è stata vincolata a “parco privato”, cioè edificabile per 1/20 della superficie.
Già nel 1950 il Comune di Roma aveva provveduto definizione di un piano particolareggiato e stanziato ben 80 milioni di vecchie lire per rendere accessibile al pubblico la Villa. La donazione al Comune avrebbe contribuito ad ampliare le zone verdi a uso collettivo operazione motivata dall’espansione edilizia che si era avuta dopo l’ultimo evento bellico. Inoltre, è proposta una variante al Piano Regolatore che trasforma il vincolo sulla zona di Villa Savoia da “parco privato” in “parco pubblico” e nel 1954, tale destinazione viene sancita con decreto del presidente della Repubblica. Le eredi Savoia presentano ricorso al Consiglio di Stato e predispongono un progetto di lottizzazione compatibile con la precedente destinazione a parco privato. Un insediamento di alta qualità , con ville, alberghi, e ambasciate. Antonio Cederna calcola che realizzando tale disegno si sarebbero costruiti 600.000 metri cubi, cioè 7000 vani, pari alla metà della città di Latina.
In questi anni di contesa tra le eredi Savoia e i governi Italiani, sia a livello centrale che locale, la villa cade in stato di abbandono. E’ allora che il Comune di Roma decide di chiamare il nuovo parco Villa Ada, riprendendo il nome dato alla villa dal conte Telfner cinquanta anni prima. Quasi una damnatio memoriae nei confronti dell’odiata famiglia reale esattamente come si era fatto con Villa Umberto I che era tornata a chiamarsi Villa Borghese..
La suddivisione della tenuta e l’assegnazione consensuale dei beni tra gli eredi è ratificata con un atto notarile solo nel 1957, che sancisce la divisione in una zona privata di 84 ettari (di proprietà delle principesse e/o dei loro eredi) e una zona pubblica, pari a 34 ettari, cui si aggiungono in seguito 32 ettari relativi alla tenuta di Monte Antenne.
Con “deliberazione C.C. n. 1577″ del 30 settembre 1958, l’amministrazione comunale prende in consegna provvisoria i comprensori di Monte Antenne e parte di Villa Ada Savoia dal Demanio dello Stato. Nella Cronaca di Roma del 18 maggio 1955 e in quella del giorno successivo viene data comunicazione della simbolica cerimonia consegna delle chiavi del comprensorio di Villa Ada Savoia da parte del Ministro delle Finanze Giulio Andreotti al Sindaco di Roma Urbano Cioccetti.
Le principesse Savoia e i loro eredi tengono per se gli edifici e buona parte del parco ma tra il 1960 e il 1961 vendono quasi tutto alla Società Immobiliare Tirrena e, nel 1987, alla Società Villa Ada 87, cosi come riferito dall’attrice Marisa Allasio, che fino a quel momento aveva legittimamente abitato nel Casale delle Cavalle Madri di proprietà del marito calvi di Bergolo e anch’esso oggetto della vendita. Le due società fanno capo a noti costruttori come Renato Bocchi e Ligresti che probabilmente acquistano questi terreni inedificabili per organizzare chissà quali scambi di concessioni comunali, magari in altre zone della capitale. Della vendita non sono informate né la Sovrintendenza nazionale né il Comune di Roma.
In quello stesso anno, con la costituzione dell’Associazione Amici di Villa Ada, nasce una mobilitazione di cittadini che da allora seguirà costantemente le vicende del parco per l’apertura al pubblico di tutta la villa.
Dopo la suddivisione della tenuta fra zona privata e zona pubblica nel 1957, infatti, quest’ultima è stata profondamente modificata ed alterata, con la piantumazione di alberi, completamente estranei al contesto (i salici piangenti, per esempio), e la realizzazione di due grandi vasche nella valle naturale verso ponte Salario. La parte privata è stata invece lasciata in un stato di abbandono pressoché totale e conserva ancora oggi molti tracciati del vecchio impianto, tra cui quelli del giardino informale settecentesco.
Nel 1989 Antonio Cederna annuncia che dopo quarantanni di attesa tutta Villa Savoia sarebbe divenuta parco pubblico ma prima che tutto andasse a posto si sono voluti ancora diversi anni. Nel 1996 finalmente, il Comune di Roma acquisisce l’intero comprensorio di Villa Ada Savoia, secondo quanto previsto nella Legge 396/1990 promulgata nell’ambito degli interventi per Roma Capitale. Con i nuovi 74 ettari il parco diventa di 160 ettari, più grande di Villa Borghese e secondo come estensione nella capitale solo a villa Pamphilj.
Sono escluse dall’acquisto diversi edifici abitati dagli eredi tra cui Villa Polissena, tuttora abitata dagli Assia, Villa Maria, abitata dai Borbone Parma, e la Palazzina Reale con i giardini e il terreno di pertinenza, affittata dall’Ambasciata della Repubblica d’Egitto fin dagli anni Cinquanta.
Nel 1997, è stipulato l’atto di acquisto della Palazzina reale e dell’area di pertinenza tra la società proprietaria e l’Ambasciata, per una somma di venticinque miliardi di lire. Il Ministero dei Beni Culturali, trattandosi di bene vincolato ai sensi della L.1089/1939 avrebbe potuto esercitare il diritto di prelazione ma non lo fa e non sono note le motivazioni che indussero lo Stato e, in seconda istanza, il Comune di Roma, a non acquisire il bene nonostante le proteste delle associazioni locali e nazionali.
Nel frattempo i Carabinieri nella loro area verso Ponte Salario, costruiscono numerose palazzine per alloggi.
Pagine al livello inferiore:
Il parco
Pagina al livello superiore: Storia di Villa Ada
Pagine allo stesso livello:
- Giuseppe Telfener
- Storia del parco di Villa Ada
- Testo del GAR
- Villa Ada da metà Settecento al 1869
- Villa Ada dal 1870 al 1899
- Villa Ada dal 1900 al 1945
- Villa Ada dalla preistoria a metà Settecento
Altre pagine correlate: Villa Ada. Progetti