Villa Ada dal 1870 al 1899

Con questa pagina continua la Storia di Villa Ada Savoia.

Dopo il 20 settembre 1870 e l’avvio delle attività del governo a Roma l’anno dopo (2 luglio 1871), anche Vittorio Emanuele e la sua corte si trasferiscono nella nuova capitale dei regno al Quirinale e il re decide di far costruire per se e per la consorte morganatica, Rosina Vercellana, contessa di Mirafiori e Fontanafredda, due residenze private, distinte ma non distanti tra di loro.

Per la Bela Rosin, la scelta cade su Villa Malatesta sulla via Nomentana, oggi nota come  Villa Mirafiori, mentre per il re si decide di acquistare vari appezzamenti di terreno tra via Salaria e il Monte San Filippo ai Parioli, in modo da realizzare una vera e propria tenuta di caccia.

In particolare, dal 1872 al 1873, la Real Casa acquista l’antica Villa Pallavicini-Potenziani e dieci aree confinanti, in prevalenza agricole, vigne e terreni seminativi, tra cui la vigna Barigioni Pereira, la vigna Santiago, la vigna Paolotti, corrispondenti all’area circostante il cosiddetto Casale delle Cavale Madri, la vigna del Collegio Ibernese, la vigna Marzocchi, la vigna Paparozzi e la vigna Mengarini, lungo la via Salaria. Quest’ultima, in particolare corrispondente all’antica proprietà Capocaccia, includeva due piccoli edifici che possiamo vedere ancora oggi: il casale del vignarolo, successivamente destinato dai Savoia ad alloggio del guardiano presso il cancello monumentale, e la piccola chiesa del Divino Amore a Villa Ada, in quell’epoca detta del Crocefisso. Nel biennio 1875-1876 vengono comprate la tenuta di Ponte Salario, corrispondente al Monte Antenne e ai terreni pianeggianti sottostanti sia verso l’Acqua Acetosa che verso Ponte Salario, e altre proprietà (la vigna dei Prati Filonardi, la vigna Gualdi Sabatini, sul versante dell’Acqua Acetosa fino al Tevere, e le proprietà Massimo e Jannori nella zona del Monte Roccolo) fino a raggiungere l’estensione di circa 160 ettari.

Presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma è conservato il fondo denominato della Real Casa ricco di documenti e planimetrie riferibili ai fabbricati della Villa a partire dal 1872 dopo l’acquisto dei Savoia, che ne documentano tutte le fasi di trasformazione, dalle sistemazione del verde agli interventi architettonici veri e propri.

Le tenute rurali sono convertite in un grandioso parco abbellito da costruzioni, sia di servizio come le Scuderie d’Agenzia, che di delizia, come si diceva allora, come ad esempio lo “chalet alpino”, realizzato trasformando un preesistente casino presso il vicolo dei Canneti con rivestimenti esterni in legno e di una copertura a spioventi in ardesia. Lo chalet, in seguito, sarà utilizzato dalle principessine Mafalda e Giovanna di Savoia come casa dei giochi ed è oggi ancora visibile, completamente in rovina, nell’area di proprietà dell’Ambasciata Araba d’Egitto.

In questa fase inoltre, alcuni edifici rustici, non più utilizzati, sono demoliti. Tra questi si annoverano il casale Filonardi e la casetta nella vigna Jannori, al Roccolo.

A partire dal 1874, la sistemazione del verde è affidata all’orticoltore amburghese Emilio Richter, appena nominato dal re Direttore delle Ville e Parchi Reali, che trasforma la proprietà in un parco rustico all’inglese popolato di piante esotiche che esaltavano i caratteri paesaggistici del sito, accuratamente rimodellati dalla mano dell’uomo. Sono inoltre realizzate due voliere per uccelli esotici, elemento d’arredo caratteristico delle residenze Savoia, a Roma come a Napoli e a Firenze.

Ma le esigenze della famiglia reale richiedono spazi adeguati, irreperibili negli edifici preesistenti quali il Casino Pallavicini, elegante ma angusto e inadatto a una residenza stabile con impegni di rappresentanza. In soli tre anni, è realizzata la Palazzina Reale in un’area già appartenente a vigna Barigioni, immediatamente a ovest della ex villa Pallavicini Potenziani.

Il parco nel suo nuovo assetto viene consegnato a Vittorio Emanuele II a fine 1877, con quasi nove mesi di ritardo rispetto a quanta convenuto, e il re non ha modo di godere la nuova residenza, poiché muore nel gennaio 1878 proprio per una polmonite contratta per una posta di caccia troppo prolungata nella sua tenuta romana.

Umberto I che gli succede al trono, convinto dai propri amministratori, vende la villa nel dicembre dello stesso anno al conte Telfner, un imprenditore foggiano di origine tirolese che aveva fatto fortuna costruendo ferrovie in Italia e all’estero. Il conte rinomina la villa con il nome della moglie Ada Hungherford, ricca ereditiera americana, e con tale denominazione, Villa Ada, la proprietà appare nella cartografia dell’epoca.

La vendita improvvisa del comprensorio da parte di Umberto I  alla cifra irrisoria di 513.000 lire (era costato ai Savoia tra acquisti e lavori e almeno un milione e mezzo di lire) e i legami di Giuseppe Telfner con la Banca Romana, fa pensare a un progetto speculativo sulla villa da parte dei Savoia, peraltro mai documentato. Il Piano Regolatore del 1883, infatti, aveva previsto la realizzazione di nuovi quartieri ai Parioli, collegati alla via Salaria e ai quartieri da costruirsi nella zona dell’attuale quartiere TriesteIn effetti questa Banca, guidata da Bernardo Tanlongo, acquisterà nel 1893 l’intero complesso, proprio confidando sulla futura lottizzazione dei terreni. Subito dopo, però, l’istituzione fallisce e lo scandalo travolge i suoi amministratori. Tutte le proprietà della Banca Romana, Villa Ada compresa, passano sotto l’amministrazione controllata della Banca d’Italia.

In tutto questo lasso di tempo, dal 1878 al 1903, gli edifici della villa rimangono sostanzialmente inalterati come pure l’assetto del verde realizzato da Richter.

La storia di Villa Ada Savoia continua con Villa Ada dal 1900 al 1945.

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