(VFL101) Fuori Porta del Popolo

 

Testo dell’audio registrato

INTRODUZIONE

Buongiorno. Ci troviamo a piazza del Popolo, una delle piazze più famose e belle di Roma.
Dietro di me Porta del Popolo. Passiamo l’arco e usciamo dalla città, dalla città storica naturalmente.
Ecco, siamo dall’altro lato di Porta del Popolo, a Piazzale Flaminio, di fronte alle antiche mura Aureliane: un luogo pieno di arte e di storia.
In questo breve video, proveremo a narrarvi alcuni aspetti curiosi e poco conosciuti, legati a questi luoghi. Vi racconteremo storie che hanno lasciato tracce visibili ancora oggi e vi racconteremo delle leggende, a cui potrete anche non credere.
Iniziamo il nostro viaggio proprio qui, dove, sul percorso dell’antica via che iniziava sotto il Campidoglio dove oggi è piazza Venezia, ha inizio la moderna via Flaminia, una delle sette vie consolari che si irradiano da Roma.

VIA FLAMINIA

La nascita di via Flaminia è legata ad Annibale. Come tutti sanno, il condottiero cartaginese con il suo esercito supera le Colonne d’Ercole (l’attuale Stretto di Gibilterra) nell’anno 219 a.C.. Espugna Sagunto, città spagnola alleata di Roma, e procede verso la penisola, traversando i Pirenei e le Alpi.
Il console Gaio Flaminio Nepote, di fronte a questa minaccia, tra le diverse misure adottate decide di realizzare questa strada che, sfruttando antichi tracciati, arriva a Rimini.
Il suo percorso di 350 chilometri infatti, che supera gli Appennini, consente alle legioni un veloce spostamento verso nord, incontro all’esercito cartaginese.

REGISTRAZIONE DA FARE

Sapete come finisce la storia del console Flaminio? Male molto male per il povere Gaio che sulle rive del lago Trasimeno e fu sconfitto da Annibale.

TOMBE E MAUSOLEI

Al tempo dei romani, nel primo tratto della Flaminia si trovavano numerose tombe e mausolei, come lungo tutte le altre vie consolari. Qui ce ne erano importanti: una grande piramide, simile a quella Cestia fuori Porta San Paolo, e la tomba dei Domizi, la gens dell’imperatore Nerone.
A differenza dell’Appia antica, dove ancora possiamo ammirare dei resti imponenti, qui tombe e mausolei sono scomparsi. Ma, sapendo dove cercare, le tracce si trovano!
A circa un chilometro da qui, c’è la piccola chiesa di Sant’Andrea, voluta a metà Cinquecento da Giulio III, il papa di Villa Giulia, e realizzata dal Vignola per sciogliere un voto.
Ha la pianta ovale e i libri di architettura dicono che questa chiesa, “malgrado le sue minute dimensioni, rappresenta un’importante testimonianza della sintesi tra cultura Umanistica, con le chiese a pianta centrale, e quella della Controriforma, caratterizzata dai edifici di culto a pianta longitudinale”.
Ma sapete in realtà perché questa chiesa ha una pianta ovale? Semplicemente perché il Vignola, dovendola erigere in pochissimo tempo, decise di costruirla sulle rovine di un grande mausoleo romano che era lì da più di mille anni e che, guarda caso, aveva una forma ovale.
Per vedere altre tracce di antiche tombe, peraltro splendide, bisogna andare a cercarle sul Campidoglio.
Siamo nel giardino dei Musei Capitolini, davanti a grandi bassorilievi raffiguranti degli splendidi cavalli che trainano un carro. Era il rivestimento marmoreo della tomba di Aelio Gutta Calpurniano: un auriga, quindi un plebeo.
Un plebeo di successo però, di grande successo. La corsa dei carri, infatti, era lo sport più alla moda nel periodo imperiale e lui ne era un campione.
Cessata l’attività agonistica, in cui aveva già guadagnato molto, Elio era diventato straricco gestendo le scommesse sulle corse. Il mondo non cambia!
Come potete vedere da questa foto degli inizi del Novecento, i ruderi della tomba dell’auriga erano proprio qui, fuori la porta, in mezzo all’attuale piazzale Flaminio.
Ma i marmi con i cavalli che abbiamo visto al Campidoglio non erano lì. E dov’erano? La storia ha dell’incredibile.
All’inizio del V secolo d.C. Sotto la minaccia dei barbari, l’imperatore Onorio fa costruire ai lati della porta due torri di difesa, come vediamo in questa antica stampa.
Quattordici secoli dopo, nel 1870, Roma entra a far parte del Regno d’Italia e, pochi anni dopo, gli italiani demoliscono i torrioni per realizzare i due archi minori che vediamo oggi ai lati dell’antica Porta del Popolo.
Durante la demolizione delle torri, con grande meraviglia di tutti, emersero dai calcinacci questi preziosi bassorilievi che, durante il precipitoso rafforzamento delle mura ai tempi di Onorio, erano stati semplicemente staccati dal vicino mausoleo e utilizzati come materiale di riempimento.

LE MURA
Nel 270 d.C. l’imperatore Aureliano dà inizio alla costruzione di una cinta muraria per proteggere la città. La realizzazione di tale opera, della lunghezza complessiva di circa 20 km, richiede soltanto cinque anni.
Ricordiamoci che Roma, dai tempi delle antiche mura Serviane non aveva avuto più bisogno di mura di difesa grazie alla potenza dei suoi eserciti e all’estensione dei suoi domini, che tenevano le frontiere e i nemici molto lontani dall’Urbe. E quindi tale imponente opera è un segno di debolezza, in un momento in cui l’impero è in declino.
Un’altra cosa da notare è che, al tempo della costruzione delle mura, la città era molto lontana. Tutto l’attuale rione Campo Marzio, infatti, fino al Mausoleo di Augusto e oltre, era un enorme spazio utilizzato solo per le esercitazioni militari.
E allora perché Aureliano le fa costruire qui? Non certo in previsioni di nuove urbanizzazioni, diremmo oggi, ma per un preciso motivo pratico: …
le mura dovevano essere completate rapidamente e tutto il loro percorso è stato disegnato in modo tale da sfruttare il più possibile grandi edifici preesistenti e difese naturali, come il Castro Pretorio e la rupe del Pincio qui vicino, lungo l’attuale viale del Muro Torto.
Per secoli, la grande porta ancora visibile nel fornice centrale è chiusa ogni notte al calar del sole e si riapre all’alba per par passare persone, bestie (come vedremo più avanti) e merci. Le merci in entrata in particolare erano soggette a dazio.
Dalla presa di Roma da parte degli italiani nel 1870, la porta non si chiuderà più e, pochi anni dopo, il dazio si sposta a Ponte Mollo, come i romani hanno sempre chiamatoa Ponte Milvio. Le porte della cinta aureliana perdono il loro significato di “confine”.
A proposito, sapete che l’usanza romana della gita “fuori porta” deriva anche dal fatto che lì il cibo, e il vino in particolare, lì era meno costoso in quanto l’oste non doveva pagare il dazio!

PORTA DEL POPOLO

La parte più antica del porta, quella centrale, è stata voluta da Papa Pio IV nella seconda metà del Cinquecento. Il papa chiama Michelangelo che, per l’età avanzata, non accetta l’incarico.
I fregi in alto, che simulano guerrieri in arme, riprendono comunque lo stile di Porta Pia, realizzata pochi anni prima dall’artista fiorentino.
La porta principale, con ai lati le quattro colonne e le due statue, e il grande stemma papale in alto risalgono ad allora. Le quattro colonne del fornice centrale provengono dalla vecchia basilica di San Pietro. Le statue, che rappresentano San Pietro e San Paolo, sono opere seicentesche del Mochi, destinate originariamente alla Basilica di San Paolo fuori le mura, ma rifiutate dai monaci e quindi collocate qui. Quelle che vediamo oggi però, sono solo copie, perché le originali sono conservate a San Giovanni dei Fiorentini.
Su queste statue Pasquino dice la sua e fa parlare le due statue: “Qui si fanno buone leggi” dichiara San Pietro con un libro aperto in mano, indicando con la mano verso Roma. “Ma è solo fuori che si rispettano!” ribatte sconsolato San Paolo, indicando l’esterno della città.

PIAZZALE FLAMINIO INVASO DALLE CAPRE

Come possiamo vedere in questa foto alcuni pastori sono a guardia di un gregge di capre in piazzale Flaminio. Siamo agli inizi del ‘900.
Ma nei secoli precedenti, non solo capre ma pecore, agnelli, mucche, vitelli e perfino maiali sostavano a lungo davanti alla porta.
Si, avete compreso bene! Un giorno a settimana i pastori e mandriani delle tenute dell’agro romano conducevano qui i loro animali. Porta del Popolo infatti era uno dei due accessi alla città per le bestie da macello. Gli animali, guidati da mandriani e pastori, arrivavano qui la sera prima dalle tenute intorno a Roma e aspettavano l’alba per poter entrare in città. Possiamo immaginare il rumore e l’olezzo che si generava.
All’alba, aperta la porta, gli animali entravano per arrivare nei palazzi nobiliari, nelle sedi di alti prelati, nei conventi, nonché nelle poche macellerie della città, aperte a chi poteva permettersi la carne.
Per intralciare il meno possibile le strade, gli animali erano pungolati per raggiungere correndo le diverse destinazioni e, per il caos che spesso si produceva, sembrava di essere a Pamplona il giorno di San Firmino.
Tale “corride” hanno fine negli ultimi anni dell’Ottocento con la realizzazione del primo mattatoio della città, qui vicino, tra la Porta del Popolo e il fiume. L’igiene finalmente aveva prevalso sulla tradizione!
Ma non del tutto però, perché – vi ricordaste la foto che vi ho fatto già vedere? – ancora agli inizi del Novecento, i pastori continuavano a lasciare fuori la porta i loro greggi, per andare in città a vendere abbacchi e formaggi.
Il disagio per gli abitanti rimane e diventa a tal punto intollerabile che il proprietario di uno dei palazzi sul nuovo piazzale Flaminio, per tagliare la testa al toro, acquista dal comune i diritti di pascolo su tutto il piazzale e li paga fino alla fine della seconda guerra mondiale.

FANTASMI

La notte non spaventa più da queste parti come una volta! Lungo il Muro Torto, infatti fino a qualche secolo fa ci si poteva imbattere in un fantasma.
Qui c’era il cimitero di assassini, ladri, vagabondi, donne di malaffare, che non potevano essere sepolti in terra consacrata. Si dice che i loro spiriti, non potendo andare nell’aldilà, vagavano di notte inquieti e rancorosi, chiamando i disperati che passavano in alto sopra le mura per convincerli a gettarsi di sotto.
Al di là delle credenze, la rupe del Pincio di notte è sempre stata un posto prediletto dai suicidi. Sulle mura in alto ancora oggi si vedono le reti messe per evitare insani gesti.
La maledizione di questo luogo ha inizio dalla leggenda nera che vuole che l’imperatore Nerone, morto suicida, sia stato tumulato nel grande mausoleo di famiglia che si trovava dove ora è la chiesa di Santa Maria del Popolo. L’imperatore infatti è sempre stato considerato dai cristiani maledetto, in quanto loro accanito persecutore.
Nel 1825 a poche decine di metri da qui, verso il Muro Torto, sono stati gettati i corpi dei carbonari Targhini e Montanari, decapitati in piazza del Popolo per i loro crimini, senza aver chiesto il perdono divino.
Si diceva che i loro fantasmi passeggiassero di notte da queste parti, con la testa sotto il braccio.
Tutti quelli che l’incontravano fuggivano a gambe levate; mentre i coraggiosi, che riuscivano a sostenerne lo sguardo, potevano da loro carpire i numeri vincenti del lotto papalino.
Oggi potete stare tranquilli: il traffico, anche in piena notte, degli automezzi e dei pullman è così intenso da mettere in fuga ogni ectoplasma.

FRATE INDOVINO

A proposito di lotto, vi raccontiamo una storia della prima metà dell’Ottocento che ha avuto il suo epilogo proprio qui.
Si narra di un frate, di nome Pacifico, che durante le sue prediche dava i numeri del lotto. Alcuni fedeli hanno fiducia in lui, iniziano a giocarli e vincono.
La voce si sparge. I frequentatori della chiesa dove il buon frate predica aumentano sempre più e corrispondentemente aumentano le vincite al lotto, mettendo così a rischio il bilancio dello Stato della Chiesa.
Papa Gregorio XVI, su pressione dei suoi collaboratori, assegna fra’ Pacifico a un convento lontano da Roma, dove non avrebbe potuto far danno. E il frate, rassegnato, si allontana dalla città uscendo proprio da questa porta.
Ma la notizia della sua partenza si era diffusa, e una gran folla, già dall’alba, era affluita qui per salutarlo. Il frate, commosso nel vedere la folla, esclamò: «Roma, se santa sei, / perché crudel se’ tanta? / Se dici che sei santa, / certo bugiarda sei!».
I furbi romani compresero al volo e corsero a giocare la cinquina 66, 70, 16, 60, 6. I cinque numeri uscirono tutti, sbancando il banco lotto, per la felicità dei fedeli di fra’ Pacifico e la rabbia dei funzionari di Papa Gregorio.

OMNIBUS

Porta del Popolo è stata per secoli l’ingresso di Roma per coloro che provenivano da nord.
Da qui, per esempio, è entrato lo splendido corteo che accompagnava Cristina, regina di Svezia che aveva rinunciato al trono per non abiurare la religione cattolica.
Anche venendo a tempi più recenti, la storia di questo luogo rimane legata ai trasporti verso il nord del Lazio, la Toscana l’Umbria e le Marche, tutta l’Italia settentrionale e l’Europa.
A Roma, seguendo l’esempio di Parigi e Londra, a metà dell’Ottocento la carrozza diventa un mezzo democratico: arrivano gli omnibus.
Il termine latino “omnibus” (in italiano “per tutti”) oggi è associato alle norme di legge “monstre”, chiamate così proprio perché abbracciano argomenti disparati e coinvolgono classi diverse di cittadini.
Nel campo dei trasporti invece, furono chiamate così le prime carrozze che seguivano percorsi predeterminati e potevano essere prese “da tutti”, appunto, pagando un biglietto.
E fu un grande passo avanti, perché l’alternativa, per chi non aveva un cavallo o una carrozza, era solo quella di andare a piedi.
Tra i primi percorsi fuori le mura degli omnibus a Roma, ci fu la linea dal nuovo piazzale Flaminio a Ponte Milvio.
A fine Ottocento, per incrementare la velocità dei mezzi, e quindi la frequenza del servizio e il numero delle persone trasportate, è adottata una tecnologia che potremmo definire “mista”, ovvero cavalli che trainavano carrozze su rotaie, come quelle degli attuali tram.
E dove stava il deposito di queste carrozze e le stalle dei cavalli?
Se andate sulla via Flaminia, a poche centinaia di metri da piazzale Flaminio, dove ora c’è il museo per i bambini Explora, troverete la risposta: lì era la Fabbrica delle carrozze e il Deposito degli omnibus, con le stalle per i cavalli e il deposito del foraggio nelle grotte scavate nella parete retrostante.
Solo l’arrivo dell’energia elettrica libera i poveri cavalli da questo faticoso compito e consente la realizzazione di un vero e proprio sistema di trasporto di massa.

ACQUA VERGINE

Gli ingegneri dell’antica Roma ci hanno abituato a opere eccezionali e uniche, sia sotto il profilo tecnico che estetico; tra queste meraviglie ci sono gli acquedotti.
Vi domanderete perché ne parliamo se qui intorno non se ne vede nessuno. Invece uno c’è, che scorre invisibile sotto i nostri piedi: è l’Acqua Vergine, l’unico a Roma, degli antichi acquedotti, ancora in funzione.
Il miracolo è dovuto al fatto che il suo percorso è in grandissima parte sotterraneo, motivo per cui nei secoli i nemici di Roma (esterni ma anche quelli interni) non sono riusciti a danneggiarlo.
Ma c’è un’altra caratteristica che lo rende veramente incredibile: il dislivello tra la fonte e il punto d’arrivo è pari a sei metri per un percorso di 20 km: quindi 30 cm a chilometro!
Provate voi a scavare un cunicolo sottoterra con una pendenza costante di zero virgola zero zero zero tre millimetri a metro!
Proviamo a raffigurarlo. [Porta del Popolo – Riano?] ……..
Sentiamo il dott. A. Costantino che ha diretto e dirige opere ingegneristiche di tunnel ….
Sono alimentate dall’Acqua Vergine tutte le fontane romane da  https://www.roma2pass.it/villa-giulia/  al centro di Roma.
E, con le note delle Fontane di Roma di Ottorino Respighi, vi salutiamo.

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