Su via di Villa San Filippo, per diversi decenni è aperta una gelateria nota in tutta Roma, nota anche per uno strano nome: “Dai frocetti”.
In piazza Bligny, tra via Salvini e via di Villa San Filippo, c’è oggi un elegante bar d’angolo che occupa quattro porte. Una volta, nella parte sinistra di quei locali c’era una modesta latteria.
La nostra latteria di quartiere è aperta il 1° gennaio 1947 da quattro fratelli: Luigi, Lorenzo, Augusto e Giuliana Piazza e vende latte e burro e si e no qualche caffè, alla clientela dei negozi accanto.
I primi anni sono duri. Tutti fratelli si sposano e le famiglie da mantenere son quattro. La necessità aguzza l’ingegno e un giorno, la latteria inizia a fare gelati, dei buoni gelati. Non si sa chi dei proprietari ebbe l’idea, ma di sicuro si rivela una trovata geniale. Qualcuno dei ragazzi-bene che bighellonano nel quartiere, tra l’Hungaria, l’Euclide e ai bar di piazza delle Muse, comincia a prendere il gelato il questo baretto e la fama di quel gelato, e quindi del locale, si diffonde nel quartiere.
Il fatto che il bar fosse senza nome è però un problema, per parlarne e per darsi un appuntamento. Chiamarlo “il gelataio di via di Villa San Filippo” è semplicemente improponibile! Un giorno però, nel locale affollato, un ragazzo chiede un gusto particolare. “Non so se oggi l’hanno fatto” risponde uno dei tre gestori “aspetti che domando a mia moglie” (le donne della famiglia infatti lavoravano invisibili nel laboratorio del retrobottega!). Si affaccia alla porta del retrobottega e, vedendo che non c’era sua moglie ma uno dei suoi fratelli, ad alta voce gli chiede: “Carlo! c’è …”. Apriti cielo! Quei burloni dei ragazzi pariolini cominciano subito a immaginare rapporti omosessuali e torbide relazioni tra i gestori. Che sia vero o non vero, non interessa a nessuno!
Ma in quegli anni la morale bacchettona non permette di “pronunciare” la parola “omosessuale” né tanto meno “frocio”, un epiteto dispregiativo e volgare. Ma la trasgressione pre-sessantottina sta dilagando e il nome “frocetti” incomincia a essere diffuso tra i ragazzi. E piano piano, anche le ragazze parioline incominciarono a utilizzarlo: il diminutivo, secondo loro, è meno volgare e fa chic. In realtà la gelateria, essendo aperta fino a notte fonda, era diventata punto di ritrovo di persone ‘stravaganti’, gay compresi. In ogni caso, il tentativo di acquisire il nome “perbene” di Bar San Filippo (un santo martire, peraltro, che nessuno sa, ieri come oggi, chi fosse!) non riesce.
Insieme alla qualità e la varietà dei gusti dei gelati, lo strano nome fa la fortuna di questa gelateria, che in circa un decennio si allarga e occupa tutto l’angolo: quelle quattro vetrine da cui il nostro racconto è iniziato. La clientela aumenta e diventa eterogenea e internazionale. Negli anni settanta nella serata, la calca intorno al bancone è tale che qui, per evitare discussioni e perfino risse tra gli avventori, sono utilizzati, per la prima volta a Roma, “i numeretti”. Nonostante il nome non troppo politically correct né di gran classe, sul marciapiede c’è la fila di persone in attesa del proprio turno e nella strada, non particolarmente larga, si formano ingorghi dovuti ad auto e moto parcheggiate in modo assolutamente casuale.
Numerosi i clienti illustri della storica gelateria: i Bulgari, le Fendi, i De Sica, i Rossellini erano tutti clienti”, raccontava Rita, l’ultima proprietaria, sfogliando un ingiallito album dei ricordi. Tra le foto una magnifica Silvana Mangano, la sedia preferita di re Farouk, Mina in abito da sera, un articolo addirittura del New York Times e un assegno di Fellini che, spiega la proprietaria, “pagava sempre così, mai in contanti”, Monica Bellucci, che abita lì a due passi.
Con il successo arriva la concorrenza e un’altra gelateria è aperta su via Eleonora Duse, a meno di cento metri da questa. Il proprietario è un certo “Giovanni” che da al locale il suo nome. La qualità delle due gelaterie è sopraffina e tra gli affezionati avventori si creano lunghe discussioni su quale delle due sia la migliore.
Con gli anni, le gelaterie artigianali cominciano a diffondersi nel centro storico e in altre parti di Roma, e il fatturato dei “frocetti” e di “Giovanni” cala. Ma i proprietari il benessere l’hanno raggiunto da un pezzo e il lavoro incomincia a pesare. La gelateria è prima data in gestione e poi, nel 2018, definitivamente chiusa. “Non ce la facevamo più. – ha spiegato uno di loro – Nessuno sfratto, le mura sono nostre. Solo stanchezza!”.
I giornali del giorno dopo commentano la notizia: Si sono commossi in tanti, ieri, in via San Filippo, nel cuore del quartiere Parioli di Roma, gustando quello che per ognuno dei presenti sarebbe stato l’ultimo gelato nella gelateria che è passata alla storia della mondanità capitolina con il nome “dai frocetti”.
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