Famiglia Di Consiglio

Nel cosiddetto Quartiere delle Crociate, tra piazza Bologna e la via Tiburtina, c’è una targa in via Adalberto in memoria dei caduti della Seconda Guerra Mondiale. Tra decine di nomi di persone ce n’è uno collettivo: FAMIGLIA DI CONSIGLIO, una famiglia di venditori ambulanti e macellai, ebrei e romani da secoli, completamente sterminata dai nazisti.

Salomone, detto Pacifico, abita in via Adalberto nel Quartiere delle Crociate con la moglie Gemma Di Tivoli, che ha un banco di stoffe al mercato in via Eleonora d’Arborea, e i suoi nove figli. I ragazzi frequentano la scuola Enrico Corradini (oggi Fratelli Bandiera). E’ una famiglia ebrea, romana da molte generazioni.

Nel 1943 la casa di Salomone è distrutta dai bombardamenti e la famiglia si sposta  in via Madonna dei Monti, dove vivono e hanno bottega i suoi genitori Mosè e Orabona e i suoi nove fratelli. Nella notte tra il 15 e il 16 ottobre, le due nuore di Mosè, Celeste ed Enrica con i loro bambini si erano fermate a dormire a casa delle rispettive madri in piazza Giudia e vengono prese nella razzia nazista e, due giorni dopo, mandate a Auschwitz con gli altri oltre mille ebrei romani. Celeste e i bambini non sono in condizioni di lavorare e sono uccisi all’arrivo, Enrica sopravvive alla selezione, ma morirà poi in luogo e data ignoti. Ester, una sorella di Salomone, e i suoi riescono dapprima a nascondersi nella chiesa di Santa Croce in via Guido Reni ma per seri motivi di una zia che aveva casa di fronte a quella di Mosè devono tornare nel Rione Monti.

Nel 1944, dopo la soffiata di un delatore, Mosè Di Consiglio e tutti i familiari sono catturati dai tedeschi.  Ennio, il più piccolo dei figli di Salomone, riesce a fuggire dal camion in corsa.  Ester Di Consiglio dalla casa di fronte assiste impotente, con il marito Cesare Spizzichino e la figlia Giulia, all’arresto.  L’altra loro figlia di otto anni, che al momento della retata si trovava dai nonni, si salva grazie a un falso nome.  Tre giorni dopo la cattura, il padre Mosè, Salomone con gli altri fratelli e un genero sono fucilati alle Fosse Ardeatine.  Le donne e i bambini sono portati in campo di concentramento insieme a Graziano, il fratello che quel giorno non era in casa ed era stato preso per strada il giorno dopo.  Nessuno tornò. Ennio, l’unico Di Consiglio sopravvissuto, muore pochi anni dopo.

Terminata la guerra, il delatore che ha permesso l’arresto della famiglia Di Consiglio subisce processo e Giulia Spizzichino, una delle figlie di Ester, sarà la più attiva tra i familiari delle vittime delle Fosse Ardeatine al processo contro Priebke.

Oggi, fuori il portone di via Madonna dei Monti, dove abitava Mosè Di Consiglio, si possono vedere venti pietre d’inciampo (www.rerumromanarum.com/2018/12/pietre-dinciampo-in-memoria-della.html).  A Testaccio inoltre, l’ampio giardino al centro di piazza Santa Maria Liberatrice, alberato e sempre popolato, è intitolato alla famiglia Di Consiglio (GoogleMaps: Giardino Famiglia di Consiglio).

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Bibliografia essenziale: Piazza Bologna. Alle origini di un quartiere borghese, di Eva Masini

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