Alla metà del Cinquecento, tra le proprietà all’interno delle mura aureliane e negli immediati dintorni (par verificarlo è sufficiente andare alla pianta di Roma del Bufalini, del 1551) predomina la ” vigna” col suo “casino”.
A sentire il Montaigne, erano « giardini e luoghi di delizia d’una singolare amenità e dove [avevo] appreso come l’arte possa ben utilizzare ai propri fini un posto gibboso, mosso e ineguale, ché ne han saputo cavare bellezze inimitabili nelle nostre contrade pianeggianti, riuscendo a sfruttare industriosamente tali irregolarità ». Gli esempi che porta si riferiscono ovviamente alle ville più importanti del tempo: « fra le migliori sono quelle dei cardinali d’Este a Monte Cavallo; Farnese al Palatino; Ursino; Sforza; Medici; quella di papa Giulio; l’altra di Madama; i giardini dei Farnese e del cardinal Riario a Trastevere; del Cesio, fuori porta del Populo » (1581).
Il termine « vigna » continua essere adottato fino all’Ottocento: così vengono indicate nelle mappe catastali le proprietà costituite da abitazione signorile, giardini e da una parte agricola che spesso giungeva vicino l’edificio principale.
A Roma il termine “villa” è ripreso dal latino e compare in alcune fonti della seconda metà del Cinquecento insieme al preponderante termine “vigna” e solo riferito a grandiosi complessi, come la villa di Giulio III (Villa Giulia) che voleva appunto rivaleggiare con le ville antiche, poi per Villa Medici e Villa Peretti Montalto. Nel Seicento il termine “villa” è più diffuso, ma ancora si usa per complessi particolari quali Villa Borghese, Villa Ludovisi, Villa Pamphili. Solo col Settecento il termine trova diffusione e corrispondenza all’uso odierno.
Tra la seconda metà del Quattrocento e la fine del Cinquecento, negli immediati dintorni della cerchia aureliana, si osserva un particolare tipo di costruzione, cintata o fortificata, spesso con torri e merlature, che però la destinazione permette di assorbire tra le ville. A volte furono utilizzate strutture precedenti, anche di castello o fortificazione vera e propria: di qui l’asimmetria e l’irregolarità che presentano.