RACCONTO DEL FLANEUR ROMA2PASS PUBBLICATO IL 25 APRILE 2017.
All’inizio di viale Bruno Buozzi, a destra lungo la discesa, tra piazza Pitagora e largo Pizzetti, una targa sulla casa dove abitava ricorda il sotto tenente Enzo Fioritto, classe 1921.
Enzo Fioritto è un giovane che vive a Roma, nel quartiere Pinciano, in viale dei Martiri Fascisti (oggi viale Bruno Buozzi), a poche decine di metri da piazza Pitagora. Figlio di un ufficiale dell’Esercito, respira fin da piccolo l’aria delle caserme, frequenta le scuole della zona, la scuola media di via Tevere e il San Gabriele a viale Parioli. (in figura: case su via dei Martiri Fascisti nel 1925)
Possiamo immaginarlo camminare, sorridente, per le vie del quartiere, giocare nella vicina villa Borghese con il fratello Emanuele e la sorellina Emma, felici, sereni, come lo siamo stati tutti noi a quell’età, frequentare il catechismo o l’oratorio dai Gesuiti di San Roberto Bellarmino. (in figura: Scuola Lante della Rovere a via Tevere)
Enzo, uno di noi, non solo perché ha frequentato luoghi conosciuti, percorso i medesimi itinerari, condiviso le stesse emozioni, osservato scorci e vedute familiari, ma anche perché il suo ambiente domestico, la sua famiglia, è uguale ai nostri: genitori, figli, gesti quotidiani condivisi in un austero e tranquillo palazzo romano, simile in tutto a quelli dove oggi viviamo. Sì, Enzo, proprio uno di noi, eppure la sua storia e il suo percorso esistenziale ci propongono qualcosa di grande, un esito straordinario, forse tragico e doloroso, ma nello stesso tempo eroico, parola abusata, che rischia di apparire retorica e che invece, mai come in questo caso, è ampiamente giustificata.
Morirà infatti poco più che ventenne nei violenti scontri che interessarono dopo l’8 settembre 1943 diverse aree della città tra Porta San Paolo, il quartiere Ostiense e la Passeggiata archeologica, per respingere le forze tedesche, infinitamente superiori, che volevano entrare a Roma all’indomani dell’armistizio. Dietro il palazzo oggi sede della FAO, in uno dei tanti scontri, Enzo, al comando dei suoi uomini e di un plotone carri del Regio Esercito, resta gravemente ferito.
Trasportato in ospedale, nonostante la profonda ferita al braccio – non ci sono medicine sufficienti né flaconi di sangue per trasfusioni quella sera al Fatebenefratelli, sull’Isola Tiberina – ha la forza di fare un’ultima telefonata a casa, rassicurando il padre e la madre, con l’estremo sorriso dei suoi vent’anni : “Solo un graffio … Non è niente … State tranquilli”. Nella notte si aggrava, negli ultimi momenti di lucidità chiede i Sacramenti e, all’alba dell’11 settembre, Enzo ci lascia.
Due anni più tardi al sottotenente Fioritto viene assegnata la Medaglia d’oro al Valor militare: “…. più volte colpito, alla testa dei suoi uomini si lanciava nuovamente sull’avversario nel disperato tentativo di interdirgli la via della Città Eterna… giovanissimo ufficiale, in un periodo di generale smarrimento, additava ai più, con l’estremo sacrificio, la via del dovere e dell’onore ”. Ma leggendo la lapide nasce una domanda: ha ancora senso raccontare tutto questo? Che senso ha riaprire capitoli chiusi della nostra storia, per giunta di un periodo confuso e contraddittorio?
Secondo noi, la risposta è positiva. A volte non occorre guardare lontano per trovare esempi e motivazioni : si tratta di riflettere sul fatto che, in un momento quanto mai incerto, giovani poco più che ragazzi, seppero mantenere vivo il loro giuramento di fedeltà, coerenti fino all’estremo sacrificio, capaci di costruire, forse senza coglierne i contorni esatti ma con immensa passione civile, i primi mattoni del futuro assetto repubblicano, senza alcun odio ideologico, con la sola forza del proprio attaccamento ai valori più autentici. Seppero indicarci, pure nella logica crudele della guerra, comportamenti e atteggiamenti virtuosi che oggi, in un momento non facile sia dal punto di di affievolimento di valori, vanno riproposti con coraggio. (in figura: Lapide alla memoria di Enzo Fioritto in via Guido Baccelli)
Una lapide dedicata a Enzo Fioritto è pure nel luogo dove fu ferito a morte in via Baccelli, dietro le Terme di Caracalla nel rione San Saba. E’ intitolato a lui lo slargo della stessa via. E’ questa una storia che andrebbe raccontata ai nostri giovani, ai nostri ragazzi, ai nostri bambini: la storia di Enzo, uno di noi!
Massimo Santucci
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