Non regno della malaria ma dominio fiorente dei Lancellotti era questa zona, dall’odierna traversa della Salaria che è via Chiana, fino a via Anapo e oltre per restare sullo stesso lato destro della via antichissima, uscendo da Roma. Il viale bello, alberato a lecci scuri, di Villa Lancellotti resta ancora in gran parte l’ossatura di via Chiana, fino a scendere a corso Trieste: la vecchia marana di fondo valle, che oggi non c’è più. La prima nascita dell’odierno quartiere è infatti segnata dalla lottizzazione di Villa Lancellotti e dei terreni circostanti, fino a valle, avvenuta negli anni venti del Novecento.
La storia del quartiere è dunque agli inizi la storia di un periferia romana, nobile e altolocata. Ma è soprattutto la storia di un’edilizia forte, talora febbricitante, che colmò in meno di quindici anni la zona ridente e campestre, ad orti e ville suburbane, tra la via Salaria – che aveva e ha il limite invalicabile di Villa Savoia (ora Villa Ada) – e la vallata di corso Trieste.
È la storia di un quartiere che crebbe tra due massacri: la grande guerra europea del 1914/18 e la seconda guerra 1939/1945, davvero mondiale. Con gli interventi felici di due Giubilei, il 1925 ed il 1933, celebrati entrambi da papa Pio XI, il fondatore della Parrocchia di San Saturnino (1932). La prima lottizzazione e demolizione nel verde della Capitale fu opera congiunta dei Lancellotti e dello Stato, tramite l’INCIS, costituito nel 1924. Il “Quartiere di Piazza Verbano”, come lo chiama Insolera, viene costruito a partire dal 1925 sulla base del Piano regolatore del 1909. Il Quartiere, pensato per ospitare circa 10.000 persone, è progettato dall’ingegnere Dario Barbieri, con simpatie liberty o, come si diceva allora, ‘floreali’, visibili nelle decorazioni a intonaco sotto gli attici dei palazzi dell’INCIS.
Le case sono a cinque piani con grandi cortili alberati interni. Tutti i viali sono alberati e il quartiere termina con un parco pubblico: il parco Nemorense, celebrato come Virgiliano per la ricorrenza del poeta di Augusto. Nel nuovo quartiere non mancano i servizi: scuole, cinema, ufficio postale, chiesa, negozi allineati su una sola strada, via Tagliamento. La differenziazione delle strade con un solo asse viario, ossia il tracciato che prosegue con via Sebino, piazza Verbano e via Nemorense è il maggior pregio del quartiere. Non si tratta solo di un asse topografico ma psicologico. E sarà l’unico asse percorso dal tram, poi dal filobus e infine dall’autobus. Le altre strade sono tranquille vie residenziali. Attorno ai palazzi dell’INCIS nascerà il quartiere odierno. Il tracciato di piazza Verbano, rotonda e in linea con la precedente piazza Quadrata, era già nel Piano regolatore del 1909, ma mancavano i dettagli. Si diceva solo che era ‘la città che avanzava nella campagna’.
Il quartiere INCIS crebbe quindi completo e autonomo, ma con una pianta aperta, sulla quale la successiva edilizia degli anni a venire si sarebbe inserita senza sforzo, trovandovi anzi una guida, un punto di riferimento”.
Tratto da ”Federico Mandillo, Raccontare il Quartiere Salario Trieste, Municipio II Roma, febbraio 2008”.
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