Serpico

L’aiuola con le panchine in piazza Trasimeno, che divide in due corso Trieste all’altezza del liceo Giulio Cesare, dal 2015, si chiama Giardino Francesco Evangelista (1943-1980) detto «Serpico», agente di pubblica sicurezza vittima del terrorismo. Una delle tante di quella stagione di politica mischiata al sangue e al piombo, meno famosa di altre, e dunque meno impressa nella memoria collettiva.  

La mattina del 28 maggio 1980, mentre è in servizio in pattuglia con altri due colleghi, davanti al Liceo classico statale Giulio Cesare di Roma, attorno alle alle 8:10 viene attaccato da un commando terroristico dei NAR formato da Valerio Fioravanti, Giorgio Vale, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e con Gilberto Cavallini. Come in altre occasioni, anche quel giorno, i terroristi hanno come assurdo obiettivo quello di disarmare degli agenti e di impossessarsi dei loro mitra Beretta, in modo da “ridicolizzare la militarizzazione del territorio” da parte delle forze dell’ordine. La reazione degli agenti, però, scatenò un conflitto a fuoco conclusosi con l’uccisione di Evangelista, colpito da sette pallottole, e il ferimento del suo collega Giuseppe Manfreda.

Ragazzi ribelli che rivendicavano il diritto a essere fascisti a vent’anni. E che volevano svincolarsi dall’immagine di commistione con gli apparati dello Stato; per questo cominciarono a fare fuoco su magistrati e forze dell’ordine, toghe e divise come quella indossata da Franco Evangelista, impegnato a controllare che all’entrata e all’uscita da scuola – orari canonici degli scontri – non si verificassero incidenti. Lo stesso giorno, a Milano, altri ragazzi di opposta fazione politica ammazzarono il giornalista Walter Tobagi, per dimostrare di essere all’altezza dei brigatisti rossi. Sintomi di un impazzimento ideologico degenerato nella violenza e nel terrorismo che selezionava gli obiettivi con criteri a volte casuali e a volte no, mietendo vittime tutte uguali fra loro, ma commemorate in maniera diversa.

Nel giardinetto nel giorno della intitolazione, accanto alla vedova di Evangelista – la quale, dopo un faticoso percorso personale, ha avuto la volontà e la forza di incontrarsi e dialogare con gli assassini di suo marito – ci fossero le autorità locali e i parenti di altre persone uccise dalle diverse bande armate: i figli del magistrato Mario Amato (che indagava proprio sui NAR), di Vittorio Bachelet e di Aldo Moro, uno dei fratelli Mattei che si salvò dalla «strage di Primavalle», le mogli di Ezio Tarantelli e Massimo D’Antona. Un raduno che ha anche il senso di un piccolo risarcimento. Per la memoria troppo spesso difettosa, perché sono dovuti passare 35 anni prima che un’insegna ricordasse una persona in carne e ossa caduta mentre svolgeva il proprio dovere, nelle strade del suo quartiere. Alcune hanno avuto prima questo riconoscimento, altre aspettano ancora. Si tratta di simboli, certo, ma importanti: i loro nomi incisi non sono pezzi di marmo, ma pagine di storia della nostra città e del nostro Paese.

Francesco Evangelista detto Serpico (San Nicola la Strada, 13 marzo 1943 – Roma, 28 maggio 1980) è stato un poliziotto italiano ucciso in un agguato da parte di terroristi di estrema destra appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari. Entrato nella Polizia di Stato nel 1962, dopo aver servizio presso la Scuola Allievi Sottufficiali di Nettuno Evangelista prestava servizio come Appuntato di Pubblica Sicurezza presso la Questura di Roma, alla sezione Volanti, diventando una leggenda. Per il suo coraggio era chiamato Serpico, soprannome preso in prestito dal film del 1973 diretto da Sidney Lumet e interpretato da Al Pacino. ‘Esperto di arti marziali, aveva effettuato centinaia di arresti. Nel 1975, durante una colluttazione con due ladri d’appartamento nel Quartiere Salario, venne gettato dal primo piano fratturandosi la colonna vertebrale. Salvatosi miracolosamente già durante la convalescenza, ancora con il busto ortopedico addosso, riuscì a disarmare ed a catturare un rapinatore di banca.

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