Il 1911 fu l’anno della grande Esposizione d’arte, commemorativa della raggiunta unità d’Italia. Roma aveva ormai già completato il primo grande ampliamento edilizio, resosi necessario dopo la proclamazione a capitale ed era tempo che si tornasse a pensare alle fontane.
Le prime furono quelle in quell’anno con le quali Cesare Bazzani ornò il nuovo palazzo della Galleria Nazionale d’Arte Moderna: due vasche circolari con uno stelo su base cubica, sorreggente il catino superiore dal quale un basso ma armonico zampillo fa scendere dolcemente l’acqua.
Altre fontane furono poste sul Colle Oppio fra le quali ricorderò quella detta « del Canestro» appunto perché nel mezzo della vasca circolare, un canestro distribuisce zampilli con estrema allegria; un’altra bella fontana moderna è posta in piazza dei Quiriti, opera dello scultore Attilio Selva, molto vicina alla tradizione romana con il bacino rotondo, un fusto ornato sul quale poggia la seconda tazza sulla quale, quattro donne nude accosciate, sorreggono il terzo catino mistilineo. Su tutto, una pigna dalla quale una fistola innalza lo zampillo d’acqua.
Quando poi l’architetto Manfredi costruì nel 1920, il Ministero dell’Interno nella piazza del Viminale, volle riempire con una bella fontana il vuoto lasciato nel mezzo delle due rampe che salgono al palazzo: un bacino quadrangolare su base, entro una piscina anch essa quadrangolare; sul vascone, l’emblema del Rione Monti e la lupa di Roma al centro, scolpiti a rilievo.
Più tardi, l’arch. De Vico decorerà piazza Mazzini con un’altra fontana dedicata al « regime »; un fusto ornato da fasci littori e sormontato da un aquila con, nella parte anteriore, una a dalla quale I ‘acqua scivola nella vasca semicircolare di raccolta. A parte l’emblematica d’obbligo per quel tempo, la fontana è assai dignitosa.
Anche l’architetto Coppedé, quando realizzò quell’assurdo bric-à-brac architettonico che prende appunto il nome di quartiere Coppedé, pose nel mezzo di piazza Mincio la cosiddetta
fontana delle Rane, per i quattro animali di questa specie che si affacciano, come le « tartarughe » del Landini, al catino superiore per dissetarsi. Il catino poggia su di uno stelo assai ornato, contornato da quattro piccole vasche semicircolari che raccolgono l’acqua che cade dal bacino superiore.
II Comune di Roma da parte sua, ebbe una brillante idea: far rivivere il ricordo degli antichi rioni della città per mezzo di fontanine pubbliche e ne dette incarico, in due riprese, a diversi artisti. Nacquero cosi le fontanelle che ancor oggi è possibile vedere nei punti più felici dei vari rioni cittadini. Autore della prima serie- inaugurata nel 1927 fu Pietro Lombardi e la più appariscente delle sue fontanelle è senz’altro quella « del le Tiare» a Porta Angelica, sulla quale quattro triregni e le chiavi di S. Pietro rammentano le glorie della Chiesa; una seconda a Porta Castello che con il suo cumulo di palle da cannone, rammenta le difese e le lotte sostenute dalla fortezza pontificia che le è vicina; quella originalissima di via Margutta, ornata di cavalletti, tavolozze, pennelli ed altro perché situata nel quartiere degli artisti; una ruota di timone su quella a San Michele in ricordo dell’antico porto di Ripa Grande; un barile in via della Cisterna a ricordo delle osterie romane famose per il vino dei Castelli più che per l’acqua; le cascatelle di quella al Verano, simboleggianti l’Aniene ed infine, oltre a quella di San
Vito con 1l’emblema di rione Monti, la « pigna » in piazza di S. Marco, posta al centro di due fiori sovrapposti in mezzo ad un piccolo bacino, di suggestivo quanto elegante aspetto. Sempre del Lombardi è la fontana « delle Anfore » in piazza dell’Emporio, sorta nel popolare quartiere di Testaccio ed è appunto i cocci delle anfore romane di cui è composto il monte Testaccio che la fontana intende ricordare. Per rimanere nelle vicinanze, rammenterò la brutta «anforona» dalla quale sgorga acqua in un vasto bacino rotondo, posta nel Parco della Resistenza dell’8 Settembre: fontana di nessun interesse artistico, gigantesca ma assai poco elegante.
Visto il successo della prima serie di fontanine, il Comune dette il via ad una seconda serie per la quale u bandito regolare concorso. Di questa seconda serie, ricorderò solo le più caratteristiche, per non tediare troppo a lungo il lettore.
Salvatore Amato scolpì quella detta « delle Cinque Lune », a ricordo della sComparsa via di questo nome: cinque lune sono nel prospetto, due nella prima e due nell’ultima fase, oltre a quella centrale che è la luna piena e dalla quale sgorga l’acqua nella vaschetta sottostante, tontanina questa densa di ricordi dei Piccolomini dei quali le lune sono l’arme araldica e che ebbero dimora in questa zona. II loro palazzo fu ricomposto più lontano mentre la via delle Cinque Lune scomparve per la sistemazione di piazza Navona. Altrettanto caratteristica è quella in piazza della Cancelleria, col suo cappello cardinalizio che ricorda il card. Scarampo Mazzarota, costruttore del primo palazzo della Cancelleria, fontana evocatrice di grandi ricordi storici legati appunto al severo e bel palazzo che le sorge di fronte. Ne fu autore Publio Morbiducci.
All’angolo di via Paolina, la terza di questo gruppo di fontanelle rionali, quella più classicheggiante di tutte. Un testone floreale con testina di putto di bella fattura, dalla quale sgorga
T’acqua nella vaschetta sottos tante; ai lati, due paraste con due stemmi terminali completano l’opera disegnata dall’architetto Ginesi.
Devo inoltre ricordare le due fontane laterali poste al monumento a Gioachino Belli del Tripisciano, la « stele di Tordinona » che rammenta i fasti del più glorioso-o per lo meno, del più ricordato- fra i teatri di Roma, l’« Apollo » che quivi sorgeva e che fu demolito per la costruzione dei « muraglioni ael lungotevere ed infine, le fontane poste ad ornamento di quel
brutto pasticcio che è Palazzo di Giustizia e quelle ai lati del toriano entro le cui acque i turisti stranieri amano bagnare le loro estremità inferiori fra l’indifferenza dei Vigili e la curiosità salace dei romani.
Fonte: Sergio Delli “Le fontane di Roma” Schwarz & Meyer Editori
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