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Il villino rosso di Villa Torlonia

Lo vedevo tutti i giorni, andando a lavorare presso l’Ospedale odontoiatrico G. Eastman ma non avevo mai immaginato che, una volta andata in pensione, avrei fatto una guida volontaria proprio lì, durante le giornate di Open House in cui ho conosciuto le persone che ci lavorano e scoperto la sua storia.

Per arrivarci da via Nomentana percorriamo via Spallanzani fino all’incrocio con via Siracusa dove, davanti a noi, vediamo un edificio rosso.

L’edificio è stato eretto, tra il 1920 ed il 1922 su progetto di Paolo Gianoli, in stile eclettico e barocchetto da Giovanni Torlonia junior come residenza per il suo amministratore.  In architettura, l’eclettismo definisce lo stile nato dalla mescolanza dei migliori stilemi ripresi da diversi movimenti architettonici, storici e anche esotici mentre lo stile architettonico “barocchetto” consiste nella rielaborazione di elementi dell’architettura minore romana tra il ‘500 ed il ‘700.

Dalla parte della strada, si apre un portone centrale sotto una grande tettoia, mentre dal lato giardino un altro portone si apre su di una rampa che supera un ponte e scende costeggiato da un filare di cipressi. La zona sotto al ponte anticamente serviva per l’accesso delle carrozze.  Attualmente vi è una fontana e un mascherone, appoggiato alla parete e sormontato dallo stemma dei Torlonia, da dove sgorgava l’acqua.

All’ingresso del ponte fanno buona guardia due sfingi in travertino provenienti da una delle fontane del Valadier, anticamente poste di fronte al Palazzo centrale o Casino Nobile, demolite durante le trasformazioni di Alessandro Torlonia tra il 1802 e il 1806.

Le decorazioni degli interni hanno come tema prevalente i simboli araldici dei Torlonia.  Al primo piano, il pavimento del salottino ottagonale è ornato da un mosaico raffigurante la Fenice che risorge trionfante dalle ceneri.  Le pareti sono dipinte a tempera con dei finti pilastri sorreggenti un cornicione sormontato da una cupola a padiglione, pilastri decorati con le allegorie delle quattro stagioni ed i segni zodiacali; la parete è infine ricoperta da una tappezzeria a fasce con disegni di grappoli d’uva. In alto è incisa la data di costruzione dell’edificio: MCMXX.

Attualmente, dopo il restauro del 2000, l’edificio è stato concesso in utilizzo all’Accademia delle scienze o dei Quaranta, che per una strana combinazione o per uno scherzo del destino, ha per simbolo proprio la Fenice che risorge dalle ceneri.  Nel Villino Rosso sono situati la Presidenza e l’archivio storico dell’Accademia mentre le Scuderie Vecchie sono la sede della biblioteca e della sala conferenze.

Entrambi i fabbricati, appartenenti al demanio comunale di Roma e concessi in uso all’Accademia, sono stati recuperati da una situazione di degrado e restaurati a spese dell’Accademia, ripristinando per quanto possibile le decorazioni artistiche esistenti (mosaici pavimentali, fregi dipinti, stucchi, ecc.), nel rispetto dei vincoli architettonici storico-artistici e ambientali.

L’accademia deve le sue origini ad Antonio Maria Lorgna, matematico ed ingegnere idraulico, che fondò a Verona nel 1782 la “Società Italiana” radunando i quaranta più illustri scienziati di ogni parte d’Italia tra cui Alessandro Volta e Lazzaro Spallanzani. Dal numero dei suoi Soci, la Società venne da subito chiamata «la Società dei Quaranta».

In quell’epoca era esiguo il numero di coloro che si accostavano alla scienza e nessuna delle Accademie esistenti era orientata esclusivamente alla scienza; inoltre l’accesso agli studi, soprattutto scientifici, era oltremodo elitario.

Nello stesso anno 1782, Lorgna pubblicò il primo numero delle Memorie accademiche nella cui prefazione ribadiva che «lo svantaggio dell’Italia è l’avere ella le sue forze disunite» e che, per unirle, bisognava incominciare ad «associare le cognizioni e l’opera di tanti illustri Italiani separati». In queste parole sta già il programma della futura Società e la sua portata politica e patriottica: «tutti gli illustri Italiani», non più un’Accademia piemontese, lombarda, veneta o delle due Sicilie, ma un’Accademia italiana.

L’intenzione di Lorgna era dunque quella di riunire e valorizzare la produzione scientifica oltre i confini dei singoli Stati con lo scopo di formare una massa critica di scienziati che potesse competere con il pensiero scientifico e culturale delle grandi potenze europee dell’epoca.

Sin dai primi anni è evidente la vocazione divulgativa dell’Accademia: nei primissimi anni viene pubblicato un Almanacco astronomico, nel quale si segnalavano, anno dopo anno, gli eventi che si sarebbero verificati.  In seguito Antonio Stoppani pubblicò, nel 1876, “Il Bel Paese” sulle bellezze geomorfologiche dell’Italia.

La Società dei XL si affermò rapidamente ed in pochi anni venne considerata come la sola rappresentante della Scienza italiana: Federico il Grande, re di Prussia, le Accademie straniere, da quelle francesi alle russe, e più tardi quelle americane, strinsero rapporti con la «Società Italiana».

Per statuto la sede della Società venne fissata presso il suo Presidente, ed essendo Lorgna veronese, la prima sede dell’Accademia fu Verona. Dopo la morte di Lorgna, La Società mutò il suo nome in quello di «Società Italiana delle Scienze detta dei XL».  Si trasferì prima a Milano, poi a Modena e infine a Roma, nel 1875, dopo la proclamazione di Roma capitale d’Italia.  Nel 1949 assume il nome di Accademia Nazionale dei XL e nel 1979 diviene Accademia Nazionale delle Scienze, detta dei XL.

Tra i soci dell’Accademia figurano i più grandi cultori della Scienza italiana: Volta, Stoppani, Spallanzani, Golgi, Pacinotti, Fermi, Avogadro, Natta, Marconi, Amaldi, Marini Bettolo, per citarne alcuni.  A sette dei suoi Soci nazionali è stato assegnato il Premio Nobel: Marconi, Golgi, Fermi, Natta, Bovet, Rubbia e Levi-Montalcini.

Accanto ai soci italiani, sin dalla fondazione, Lorgna aveva previsto una classe di dodici soci stranieri, attualmente portata a 25. Durante due secoli, si sono succeduti ben 174 scienziati di tutto il mondo che rappresentano i nomi più prestigiosi della scienza mondiale da Condorcet a Pasteur, da Franklin ad Einstein, da Humboldt a Monod, da Liebig a Salam, da Mendeleev a Röntgen, da Bohr a Perutz, da Chain a Odhiambo.

Lo scopo dell’Accademia è quello di stabilire un contatto permanente fra gli scienziati, gli insegnanti e chi compila i libri di testo, per ovviare all’inevitabile ritardo che esiste nella trasposizione didattica affinché i temi attuali della ricerca scientifica siano presenti nei libri di testo.  L’Accademia assegna premi scientifici, promuove convegni, pubblica periodici, presta consulenze per apparati dello Stato, intrattiene rapporti con altre istituzioni italiane e straniere.

L’edificio delle Vecchie Scuderie, che serviva come alloggio per i cocchieri e i giardinieri, oltre che ricovero per i cavalli, fu realizzato verso l’inizio del XIX secolo (1805/1806) da Giuseppe Valadier. Il Valadier ideò un edificio con una loggia con sovrastanti statue e le facciate con bugnato.  Nel secondo quarto del secolo XIX il palazzo fu ampliato da Giovan Battista Caretti in stile neogotico.  Dopo il restauro, i vari locali delle scuderie vecchie sono state adibite a Biblioteca dell’Accademia delle Scienze, a sede del Servizio Giardini, a guardianeria per la sorveglianza delle vicine catacombe ebraiche, a magazzino e locali per attività culturali.

La biblioteca dell’Accademia ha una storia complessa come quella della “Società Italiana delle Scienze detta dei XL”.  La biblioteca era inizialmente costituita dal patrimonio bibliografico e archivistico raccolto dal fondatore A.M. Lorgna durante gli anni della sua presidenza. In seguito, le donazioni dei Soci, i manoscritti e gli scambi epistolari, i lasciti di fondi personali ed i rapporti di scambio di volumi e fascicoli con le altre Accademie nazionali e straniere, hanno arricchito negli anni il patrimonio librario; nonostante abbia subito anche alcune dispersioni, esso conta circa ventimila volumi.

Data la natura itinerante della Società, sin dalla sua nascita, anche la biblioteca non ebbe una sede stabile ma fu destinata a spostarsi seguendo le vicende ed i percorsi geografici della Società.

Nella sala di consultazione presso Villa Torlonia, sede della biblioteca dal 2007, sono esposte, oltre alla serie completa delle Memorie dell’Accademia, le due principali raccolte di monografie del XVIII – XX secolo di volumi di storia della scienza e di opere di soci o riguardanti la vita e il lavoro di questi. Tali raccolte sono state acquisite a vario titolo dall’Accademia, e in particolare sono il frutto degli acquisti in antiquariato che l’Accademia effettua con sistematicità da diversi anni.

Sono inoltre collocate alcune tra le principali e più preziose collezioni di periodici accademici del XIX secolo: gli atti dell’Accademia delle Scienze e dell’Osservatorio Astronomico di San Pietroburgo, dello Smithsonian Institute di Washington, della Royal Society di Londra, della Royal Irish Academy, dell’Akademie der Wissenschaften di Berlino e le “Greenwich Observations” del Royal Observatory di Greenwich, per citare alcune tra le istituzioni straniere più prestigiose.

Vi sono poi le raccolte complete degli atti delle maggiori Accademie scientifiche italiane: Torino, Bologna, Napoli, Accademia dei Lincei, Istituto Lombardo di Scienze Lettere e Arti, Circolo Matematico di Palermo.  Nella sala al piano superiore, sono conservate raccolte miscellanee di volumi del Novecento, tra cui si ricordano i fondi Caglioti, Milazzo e Tumedei.

Oggi è passato tanto tempo, io sono in pensione ma io continuo a passare davanti al Villino, che ormai è un po’ un vecchio amico con cui ho condiviso un pezzetto della mia vita.

Elena Cipriani

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Villa Torlonia

Villa Torlonia è un parco pubblico romano che comprende anche importanti musei o zone museali, a partire dal Casino Nobile.  La villa si estende tra via Nomentana, dove al civico 7 ha il cancello monumentale di ingresso, via Alessandro Torlonia, viale di Villa Massimo, via Siracusa e via Spallanzani.  E’ stata realizzata dai Torlonia nell’Ottocento ed è una delle ultime ville storiche realizzate a Roma.

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Storia degli obelischi di Villa Torlonia

I due obelischi di villa Torlonia nascono dal desiderio del principe Alessandro Torlonia di onorare i propri genitori e nel contempo arricchire il parco della sua grande Villa. E lui che scrive al vicere di Egitto chiedendogli due obelischi (autentici). Non avendo ricevuto risposta per tutto il 1838, il principe romano decide di farseli, utilizzando il granito rosa proveniente dalle cave di Baveno, sul lago Maggiore (all’epoca nel regno di Sardegna, oggi in provincia di Verbania) il più simile, tra i graniti disponibili a quello di Assuan.   Continue reading

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