Risultati della ricerca per: viale delle Province

Piazza delle Province

Piazza delle Province è all’incrocio di due importanti assi viari: viale delle Province, che da piazza Bologna arriva sulla via Tiburtina, e l’asse via Catania e via della Lega Lombarda. Sulla piazza converge anche viale Ippocrate che scende da viale dell’Università.

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Quartiere Sant’Ippolito

Quartiere Sant’Ippolito è un nome spesso utilizzato per identificare l’area del quartiere Nomentano a sud di piazza Bologna lungo viale delle Province, tra il quartiere delle Crociate, il quartiere Italia (al di là di via Catania) e la parte più nobile del quartiere al di là di via Catanzaro (verso Villa Massimo).

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Clemente Busiri Vici

L’ing. Clemente Busiri Vici (Roma 1887-1965), romano, figlio di Carlo Maria Busiri Vici.  Ha avuto una carriera legata alla collaborazione con i fratelli, Michele Busiri Vici e Andrea Busiri Vici, con i quali ha diviso lo studio di Roma in via Paisiello 41-43.  Con loro, ha sviluppato quello “stile Busiri Vici” tanto in voga negli anni Quaranta e Cinquanta. Continue reading

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“Il salto del fosso” di Francesco Pacifico

RACCONTO DEL FLANEUR PUBBLICATO IL DA PUBBLICARE

Qui ai Parioli c’era tutta una distesa fino al piazzale, tutto un prato: il Prato delle Muse.  Giocavamo, io avevo dodici anni, giocavamo sul prato.  Giochi da ragazzini, acchiapparella, nascondarella dietro i muretti.  Davanti non c’era niente, salvo una villa bellissima che era di un celebre architetto, Piacentini.  Ma forse e’ venuta dopo.  La scuola non c’era.

C’eravamo noi dei mutilati.  Qui sulla piazza c’erano diversi villini dei mutilati, due di qua e due di là. In questa strada qua dietro invece c’erano villini meno belli, diciamo, più piccoli, sempre molto carini.   Qui era tutto villa della famiglia Felicetti. Villa Felicetti. Possedevano i territori di qui. I mutilati della prima guerra mondiale hanno costituito una cooperativa e hanno espropriato i Felicetti: a mille lire il metro quadro, mi pare, era pochissimo perchè erano tutti pezzentoni.  Qui c’erano quelli un po’ più benestanti che hanno scelto le case da tremila lire come mio padre mi pare ha impiegato.  Invece i mutilati meno benestanti hanno avuto il tipo più piccolo, questi qui dietro, su via Eleonora Duse, e anche quello qui dietro su via Salvini, quello che ora è delle suore missionarie. Ma belle, ben costruite: le pareti di questa casa, ancora così solida … l’abbiamo ripulita ma mica l’abbiamo mai rifatta.

L’hanno cominciata a costruire negli anni ’20. Ci siamo stabiliti qui nel ’27 ma gia’ ci venivamo prima per giocare al prato e seguire i lavori.  Prima eravamo a piazza Cola di Rienzo.  La mia mamma non ci voleva venire ai Parioli: qua era come adesso Tor Bellamonaca.  Era contraria a vivere così isolata.  Noi andavamo a Piazza Ungheria a piedi, lasciavamo gli scarponcini campagnoli al carbonaio e ci infilavamo le scarpe da città. Il carbonaio stava dove adesso c’è il ferramenta.  Dove sotto c’era l’osteria.  Adesso è un pochino migliorata: è una trattoria.  Ma allora era un’osteria, dove andavano gli operai.
Nel ’40 c’erano già le palazzine, queste qui brutte, c’erano già.  Hanno messo il tram per agevolare i mutilati, passava fino a qua sotto, poi girava a via Duse e tornava indietro.  C’era il capolinea dove adesso c’è Giovanni, il lattaio.
Pasticcere lattaio.

Il bar dei Frocetti, invece: I Frocetti hanno aperto il bar, hanno cominciato che erano tre fratelli proprio pezzenti con un baretto, sarà stato al principio degli anni Trenta. C’era il carretto col latte che passava la sera con la tromba che avvertiva che c’era il carretto col latte, questo proprio i primi tempi. E qui davanti c’avevamo questo gran prato dove noi andavamo a giocare.

A scuola andavamo in Prati, al Mamiani, perchè avevamo cominciato li la prima ginnasio.  No, papà c’aveva la macchina e la guidavano mio padre e mia madre. Sarà stato il ’24 o il ’25, siamo stati dei pionieri, la macchina era una 501.  Papà guidava però non era bravissimo, era un po’… lui era mutilato, papà, alla bocca, quindi le facoltà diciamo motorie ce le aveva, anche la testa era apposto. Però non guidava bene.  Noi a Piazza Cola di Rienzo c’avevamo i palazzi nuovi, c’avevamo l’ascensore. Il primo ascensore di Roma, a piazza Cola di Rienzo. E lì c’era il cinema, che è venuto poco dopo, che noi vedevamo dalle finestre.

Prima della guerra papà mio era militare, è arrivato al grado di colonnello in servizio. A lui gli piaceva fare le guerre, perchè ha fatto anche la guerra a Tripoli, subito prima della guerra mondiale, però era laureato in lettere. Ha fatto l’accademia a Modena. Dopo un po’, dopo la guerra, ha lasciato l’esercito ed e’ entrato in Confindustria, perchè era laureato in lettere. Lui ha creato li’ l’assistenza sociale che non esisteva. Lui conosceva due tre persone che sapevano che lui aveva gia’ organizzato l’assistenza ai mutilati che stavano vicino a piazza Barberini, li’ c’era l’associazione dei mutilati, ha lasciato i mutilati ed e’ entrato in Confindustria. Papa’ ha creato in non dico tutte le province, ma quasi tutte. Papa’ le ha fondate lui, io mi ricordo. Milano, Torino, La Spezia. Papa’ ha viaggiato tanto. Stava molto fuori. Ha creato tutte queste sedi, anche in Italia meridionale. Si chiamavano Associazioni Industriali, e c’era sempre l’ufficio assistenza per gli operai, operai per la carita’. Papa’ c’e’ stato li’ fino direi alla pensione, quasi, per tanti anni e’ stato in Confindustria direi a piazza Venezia.

C’era ostilita’ da parte di mia madre ad abitare qui ai Parioli, perche’ lei vedeva solo ‘sto prato co’ ‘ste piccole costruzioni di mutilati. Poco dopo sono venute queste palazzine che stanno davanti a noi, quel palazzo li’, poi piano piano tutto quanto il quartiere. Qui abitava uno dei figli di Mussolini, Bruno Mussolini. In questa casa che vedi qui proprio attaccata a noi. E abbiamo visto benissimo il Mussolini, che e’ venuto a trovare il figlio non piu’ di due volte, e naturalmente eravamo tutti fascisti, quindi ci siamo tutti sparapanzati alle finestre a guardare. Bruno era il pilota d’aereo. Il cinema pure faceva. Pero’ poi e’ morto. Bruno aveva sposato una compagna di classe di mia sorella, quindi noi siamo stati a trovare, ci ha invitato questa signora, siamo stati a casa loro e ci ha portato a vedere la camera dei regali, perche’ era sposata da poco con Bruno, e c’aveva una stanza poco piu’ piccola di questa con tutti i regali messi per terra sparapanzati, tutta l’Italia, i regali di tutta l’Italia al figlio di Mussolini. Piatti di argento che venivano giu’ cosi’, a cascata. Quelli me li ricordo. Tanti oggetti. Io ero gia’ grande. Perlomeno quindici sedici anni. La moglie di Mussolini c’avra’ avuto ventidue ventitre’ anni come mia sorella. Era compagna di classe. Si chiamava Gina Roberti. Io ho sposato nel ’42. A ventisette anni.

Quando siamo andati a casa loro il Mussolini non c’era. L’abbiamo visto, ci siamo spenzolati da casa nostra per vederlo che scendeva la scaletta che c’e’, li’ c’hanno il portoncino con la scaletta. Lui e’ sceso, era in borghese con quel cappello che portava un po’ sbertucciato e c’era la macchina, e’ uscito e’ andato in macchina.  L’abbiamo visto una volta di sicuro me lo ricordo benissimo, però mi pare che e’ venuto un’altra volta ancora a trovare il figlio, che poi è morto, infatti. E’ morto in un incidente aereo in Africa, il figlio, e la moglie e’ venuta via da lì.  I figli di Mussolini stavano a Riccione, la stagione estiva, noi andavamo a Riccione e li vedevamo sempre in giro lì la sera, andavamo a ballare al famoso Savioli, e loro c’avevano il tavolino fisso, in un punto vicino all’orchestra, perchè allora la facevano un po’ da padroni. Noi ballavamo con i nostri amici, insomma, non gli abbiamo mai rivolto la parola, però li vedevamo lì. Sia a Riccione, sia qui.

Dopo la seconda guerra c’erano già queste case brutte qui davanti.  Andavamo già al mercato di via Locchi ma era piccolino, poi è diventato enorme, ma adesso mi hanno detto che è di nuovo diventato ristretto per via dei tre supermercati. Poi c’erano alcune botteghe in via Salvini, dove c’è il macellaio già c’era, ma si capisce che si cercava di risparmiare.

Be’ diciamo che è peggiorato dopo la seconda guerra.  Direi però che adesso in fondo è di nuovo migliorato.  Però le case queste qui sono brutte, eh.  Solo le ville fatte prima dell’ultima guerra sono belle.  Le case brutte le hanno iniziate a fare dopo la guerra.  Dopo la seconda guerra.  Queste qui dopo la prima guerra, c’era tanto verde.  Prima si riusciva ancora a parcheggiare, negli ultimi due tre anni è stato il disastro. Noi c’abbiamo il giardino e la macchina nostra entrava dentro, ma fuori direi che due tre anni fa c’era qualche macchina, adesso è diventato che c’è tutto fitto fitto, via Salvini è diventata brutta. Gli alberi sono sempre stati trascurati. Però primavera estate, con tutto il verde che c’era era discreta. Adesso ha peggiorato per gli uffici. Le panchine si sono tutte un po’ deteriorate. Anche la nostra panchina qua fuori è molto peggiorata.

Noi abbiamo una coppia di filippini, moglie e marito, in questo momento sono nelle Filippine.  Abbiamo una sostituta, anzi due sostitute, madre e figlio, ma di solito abbiamo moglie e marito, che torneranno fra poco, e ci guardano il giardino.  Il marito della nostra donna che adesso e’ nelle Filippine però non è autista, non è capace, ci hanno provato, moglie e marito, non sono stati capaci.
Io non ho mai guidato né c’ho mai provato perchè sono la distrazione fatta persona.  C’era mia sorella ma adesso è anziana anche lei e non guida più, infatti la macchina non ce l’abbiamo più – abbiamo i figli. Ma i figli sono fuori.

Ho vissuto qui da sposata anche con mio padre perche’ papa’ era mutilato proprietario della casa. Mamma mia non ci voleva venire. Poi c’e’ venuta perche’ papa’ l’ha obbligata ad un certo momento. I primi tempi era dispiaciuta, poi invece si e’ ambientata bene, poi a quei tempi con i mutilati ci si conosceva c’avevamo degli amici, molti amici mutilati.

Dopo sposata mia sorella ha sposato un aviatore.  Si’, ho sposato un aviatore. Sono stata a Treviso Novara Bergamo Bari Washington (tre anni).  Dal ’63 al ’66. Marshall era testimone al mio matrimonio. Sono stata bene perchè sono anche un tipo adattabile.  Però nell’ambiente dell’ambasciata eravamo privilegiati.  Sono stata al funerale di Kennedy per strada. Stavamo dietro la corda con mia figlia e la guardia ci diceva under the ropes under the ropes
degli anni importanti, difficili.

Avevate una casa bellissima di gente dell’ambasciata.  No, l’abbiamo comprata noi da soli.  Suo marito era addetto aeronautico. Ve l’hanno rimediata loro.  No, l’abbiamo trovata da soli. Io ho sposato nel quaranta.

Dopo Cristo? ah ah Ma anch’io ho sposato fuori, sono stata fuori per un periodo, perchè mio marito ha avuto varie vicissitudini in Africa, e’ stato prigioniero e quando è tornato dalla prigionia siamo stati a Torino perchè era di lì. E’ stato prigioniero in Egitto per un anno e mezzo. Siamo stati tre anni separati. Non sapevamo se era vivo o morto. Lui era nascosto da un anno in Grecia. Quando sono arrivati gli inglesi l’hanno preso, l’hanno subito premiato perchè non aveva aderito ai tedeschi: l’hanno premiato mandandolo prigioniero in Egitto, dov’è stato un altro anno e mezzo. Io da lì mia figlia è nata che non si sapeva se era orfana.  Quando è tornato c’aveva la figlia che lui l’ha presa in braccio
bisogna dire che la figlia è stata concepita prima che lui partisse…
eh eh Poi mio marito e’ tornato, ha preso in braccio la bambina, poi la bambina si e’ buttata in braccio a me e mi ha detto: “Manda via quel signore che si chiama Papà.”  Questi sono gli episodi di guerra.

Da ragazzine andavamo a guardare dove adesso ci sta il comando militare centrale dell’esercito, accanto al comando generale dei Carabinieri. Prima li’ c’era la direzione della Milizia Fascista, qua dietro, a viale Romania. Andavamo a vedere i gerarchi che facevano ginnastica. Il salto del fosso. Dove c’e’ la torre su viale Romania. Dentro la torre, in epoca fascista, c’era un altoparlante che diceva “PRESENTE! PRESENTE!” poi elencavano i nomi di quelli che erano caduti.
Il mio compagno di scuola aveva il padre che era gerarca fascista. Al funerale di questo compagno di scuola, perchè morì a ventun anni, ha voluto esser sepolto in camicia nera. Lui, non il padre. Il padre era rimasto vivo. Non è morto in guerra, il figlio, e’ morto di tisi. A ventidue anni. E al funerale hanno detto “Camerata Fabio Ansedini…”  “PRESENTE!”  Hanno risposto PRESENTE. Come fosse morto in guerra.

Alle esercitazioni ginniche i gerarchi si dovevano buttare nei cerchi, saltare i fossati.  Si diceva che nel ’41 o ’42 era arrivato l’ordine che sarebbero dovuti andare coi calzoni corti per risparmiare stoffa, perchè c’era la guerra, e c’era ancora il Fascio, di cui noi eravamo sostenitori noi in famiglia eravamo, dicevamo, “fuse nel bronzo littorio”.  Dicevano che si doveva andare in calzoni corti e d’inverno con le mutande di lana lunghe, ecco.  ah ah Per risparmiare stoffa!  ah ah Perchè poveretti molti di questi gerarchi che erano gente di una certa età.  Però si dovevano mantenere forti.

 

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