Questa pagina parla del periodo dal 300 al 225 a.C. della Villa Romana dell’Auditorium a cui risale la tegola dell’Acheloo.
Intorno al 300 a.C. l’edificio della Villa Romana dell’Auditorium viene parzialmente ristrutturato. La tecnica edilizia utilizzata in questa fase è particolarmente raffinata: blocchi ben squadrati di tufo per realizzare lo zoccolo in muratura e un alzato costituito da materiale deperibile. E’ mantenuta, in maniera più evidente, la divisione tra parte signorile a nord (mq 407) e parte rustica a sud (mq 271), ed è sostituito il cosiddetto villaggio murato, interrato completamente, con un semplice recinto costituito da un muro perimetrale, adibito alla custodia degli animali o alla protezione di un frutteto. II muro, realizzato in schegge di tufo e pietre calcaree, condiziona con il suo orientamento obliquo nord-ovest/sud-est quello del lato meridionale dell’edificio.
Il quartiere residenziale assume un carattere più urbano anche se nella sostanza non subisce profondi cambiamenti: è osservata la stessa disposizione degli ambienti intorno alla corte centrale, è spostata la sala principale, abolite le torri e costruiti due nuovi ambienti sul lato orientale della corte. Dall’ingresso, situato sempre sul lato occidentale, ma spostato leggermente più a nord, si accede ad un lungo corridoio che divide la parte residenziale da quella di servizio e immette nel vasto cortile centrale dell’ala settentrionale. Colmate di sabbia e argilla rialzano il piano di tutta la corte e nascondono il portico in legno e l’ambiente con il torchio che hanno caratterizzato la fase precedente dell’edificio.
Sono scavati due condotti fognari che confluiscono verso il centro dove è stata ipotizzata la presenza di un impluvium ricollegabile forse ad una copertura a compluvio della corte. TI tetto è rivestito di coppi e tegole tra le quali spicca la presenza della tegola di Acheloo, una tegola di gronda di notevoli dimensioni, ornata da una testa di divinità fluviale barbata con un foro, ricavato nell’estremità inferiore, dal quale fuoriesce l’acqua pluviale. La divinità infatti è stata identificata con Acheloo, il mitico fiume dell’Acarnania, padre delle Ninfe e simbolo di fertilità.
Al centro della corte è rinvenuto un basamento quadrangolare, realizzato in blocchi di cappellaccio, identificato come altare destinato al culto familiare. Sono creati nuovi piani di calpestio anche all’interno dei vari ambienti disposti intorno al portico. I vani sono tutti riutilizzati senza subire sostanziali cambiamenti, tranne quelli affacciati sul lato occidentale della corte che sono ampliati. Sono inoltre realizzati due nuovi ambienti sul lato orientale del cortile, che ampliano la struttura, già riconosciuta come luogo di culto nella fase precedente, che ora viene ad assumere la forma di un vero e proprio tempietto a due celle.
Gli interventi di restauro del nuovo complesso sono più evidenti nella parte rustica dell’edificio. Un cortile molto ampio (circa m 13,50 x 11,50), che occupa circa tre quarti dell’intera superficie di servizio, è costruito sull’area occupata dal cortile precedente e da alcuni ambienti i cui muri sono nascosti da colmate di sabbia e argilla che rialzano tutto il piano di calpestio: è creata una nuova pavimentazione in sabbia e ciottoli di fiume, ad un livello sensibilmente più alto del precedente, forse per preservare il complesso dalle frequenti inondazioni del vicino Tevere.
Al centro del cortile venne realizzato un impluvio in lastre di cappellaccio, collegato nell’angolo nord-occidentale ad una canaletta che drenava l’acqua verso l’esterno dell’edificio. Al centro dell’impluvio fu allestita una vasca rettangolare (m 1,60 x 0,90). Questa struttura potrebbe essere interpretata come una sorta di atriolo rustico: un grande cortile coperto forse da un tetto con compluvio centrale, un impluvio con vasca per la raccolta delle acque e un sistema di drenaggio simile a quello ipotizzato per la zona settentrionale.
Nell’angolo sud-orientale del cortile è sistemato un piano di cottura rettangolare delimitato da blocchi di peperino che recano evidenti tracce di combustione. Intorno all’atrio una serie di ambienti che in parte riutilizzano i muri in opera quadrata della fase precedente e in parte subiscono delle modifiche senza alterararno le funzioni.
Questo articolato complesso, datato tra il 300 e l’ultimo quarto del III secolo a.C., è probabilmente di proprietà di un esponente della nobiltà patrizio-plebea, come si evince dalla ricercatezza delle strutture relative alla zona residenziale, e doveva ospitare, nella parte rustica, un gestore (vilicus) delle attività produttive.
Si riferisce a questo periodo il ritrovamento della Tegola di Acheloo.
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