Casino dell’Aurora

Il Casino dell’Aurora è tra via Lombardia, via Aurora, via Ludovisi e via di Porta Pinciana, nel rione Ludovisi a due passi da via Veneto.  E’ l’unica costruzione integralmente conservata della grande Villa Ludovisi

Di origini cinquecentesche. l’edificio era la casina di Cecchino del Nero, tesoriere di papa Clemente VII; il suo nome infatti compare più volte nella affrescata sala d’ingresso.

Il Casino dell’Aurora, si presenta come una palazzina a due piani a pianta cruciforme, con attico e torretta belvedere.  La facciata è costituita da semplici finestre rettangolari, probabilmente opera di Carlo Maderno.

Nella volta del salone è raffigurato il Carro dell’Aurora, da cui prende nome il Casino. L’affresco fu realizzato da Guercino nel 1621. Nel dipinto è rappresentato il volo del calesse dell’Aurora, trainato da due cavalli pezzati nell’immensità della volta celeste, tra le figure allegoriche del giorno e della notte.

Ambienti importanti del Casino sono la Sala del Camino, con pareti interamente affrescate da paesaggi di Guercino, e la Stanza dei Paesaggi (di Guercino, Bril, Viola e Domenichino) che è decorata al centro del soffitto da una danza di putti.

In un camerino al piano nobile, c’è il dipinto sul soffitto: ” Gli Elementi e l’Universo con segni zodiacali” del 1597, unico affresco conosciuto del Caravaggio con Giove, Nettuno e Plutone in una ardita prospettiva dal basso in alto. .

L’ultima sala visitabile è detta della Fama, per via dell’allegoria affrescata sul soffitto, sempre opera del Guercino.

Lo Stato Italiano acquista parte della collezione (oggi di proprietà del Museo Nazionale Romano e custodita nelle sale di Palazzo Altemps) mentre altre opere sono ancora nel Palazzo Grande oggi sede dell’Ambasciata degli Stati Uniti d’America, in via Veneto.

Il Casino dell’Aurora, ancora di proprietà dei Principi Boncompagni Ludovisi è visitabile solo su autorizzazione dell’Amministrazione Ludovisi.

Nel 2023 è stata messa in vendita dal tribunale per un problema tra gli eredi ma il prezzo era talmente alto che nessun acquirente si è presentato per i prezzo richiesto. L’eventuale compratore inoltre avrebbe dovuto obbligatoriamente spendere 11 milioni di euro per il restauro dell’edificio e delle opere d’arte ivi contenute.

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